mercoledì 21 settembre 2011

Presidente Napolitano: sciogliere le Camere o le riserve?

La stavamo aspettando con ansia. Con leggero ritardo, la risposta del Presidente della Repubblica alla deriva secessionista di Umberto Bossi è finalmente arrivata: “Agitare ancora la bandiera della secessione significa porsi fuori dalla storia e dalla realtà”. E tuttavia non sappiamo se rallegrarcene per il fatto che sia arrivata sotto forma di replica esplicita, o se dispiacercene perché non ha assunto il tono severo dell’ammonimento. Gli avvertimenti, lo abbiamo capito, non sono nelle corde di Napolitano, ad essi preferisce piuttosto gli inviti, gli appelli e le riserve. Il Capo dello Stato ha da tempo dimostrato quale sia la sua interpretazione del ruolo che ricopre. Ed è questa: che il Presidente della Repubblica deve attenersi, nella maniera più fedele possibile, a quanto prescrive la Carta, e che il suo è un ruolo puramente istituzionale e non politico. Di questo non si può che prenderne - anche con l’animo leggero - atto. C’è solo da vedere quanto possa essere conveniente, vista l’attuale situazione politica. Di certo nessuno potrà accusarlo di aver esposto intenzionalmente il Quirinale a critiche sulla gestione degli affari istituzionali, men che meno sulle intrusioni nel conflitto politico. Tutte le volte che ha potuto rimanerne distante, e ce ne sono state, lo ha fatto. Di licenze se n’è concesse poche, anzi nessuna. Nelle fasi calde, e ce ne sono state,  in cui poteva scegliere se intervenire duramente o meno, ha scelto il meno, invitando bonariamente maggioranza e opposizione alle “riforme condivise”. Ma, lungi dal fargliene una colpa, non gliene facciamo nemmeno un merito. È tuttavia evidente che il Presidente della Repubblica goda attualmente di un larghissimo consenso popolare, ed è certamente candidato ad entrare nell’albo dei Capi di Stato italiani più amati. Più che di consenso, in realtà, si dovrebbe parlare di fiducia. Ed è anche ovvio che ce l’abbia, tutta questa fiducia, a fronte del lordume di cui si è insozzata la classe politica del nostro paese. Si potrebbe perfino azzardare l’ipotesi che se Napolitano mantiene un’ascendente così forte sugli italiani, non è tanto merito suo, quanto un demerito dei politici. In ragione degli scandali che hanno toccato, chi più chi meno, tutti i partiti – e tutte le cariche dello Stato-, l’opinione pubblica non sa a chi aggrapparsi se non all’unica figura che ha ancora una reputazione vergine e intatta. Un simile atteggiamento si attaglierebbe molto bene alla natura di noi italiani, se si pensa che già Gramsci sentenziò: “Si dovrebbe pensare che in Italia la stragrande maggioranza fosse di bricconi, se l’esser galantuomo veniva eletto a titolo di distinzione”. Tuttavia, Napolitano una risposta l’ha data, e ce la dobbiamo far bastare, almeno per ora. Molti avrebbero preferito che rispondesse più aspramente alle sciocchezze blaterate da Bossi, che fosse intervenuto con la sferza a riguardo dello scandalo escort di Berlusconi, che avesse richiamato tutti all’ordine con parole più simili alle pietre che al miele per la figura da pagliacci che stiamo facendo nel mondo intero, che avesse messo in riga la maggioranza per come sta affrontando la crisi economica. Qualcuno addirittura auspica che sciolga subito le Camere. Non sappiamo se tutto ciò rientri effettivamente nelle facoltà del Presidente della Repubblica. Le Camere, è ovvio, le può sciogliere, a patto che vi siano condizioni sociali e politiche particolari. Ma la dottrina, in merito, non è molto chiara. Se avessimo oggi al suo posto un Pertini, o addirittura l’ultimo Cossiga, ne avremmo di stare tranquilli. Via la parola ai Bersani, Di Pietro, Casini e Vendola, ci avrebbe pensato il Capo dello Stato a cantargliele di santa ragione a chi fosse uscito in maniera tanto disdicevole fuori dal seminato. Ma, purtroppo o per fortuna, di picconatori oggi scarseggiamo, e ci dobbiamo contentare di quel che abbiamo. Una persona integerrima, è chiaro, ma poco in sintonia con la provvidenza. Napolitano è l’uomo giusto al posto giusto, ma al momento sbagliato. E l’idea di dover rimpiangere la tempra dell’ultimo Cossiga, un po’ ci fa allarmare. Avremmo preferito, questo certamente, un “esternatore” alla Pertini, che non un “notaio” alla Napolitano. Ma la Storia insegna che se in pubblico i Capi di Stato tendono ad assumere atteggiamenti formali, nel privato della loro residenza non lesinano scenate e fracassi. E dato che nel pomeriggio il Capo dello Stato ha ricevuto al Quirinale i capigruppo di maggioranza Cicchitto e Gasparri, tocca sperare che almeno una tirata d’orecchie gliel’abbia fatta. Meglio di niente.

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